Il weblog di Gokachu


giovedì, ottobre 15, 2009
Discorsi incompiuti sul cinema tridimensionale
Ieri ho visto Up in 3D. E' solo la seconda volta che vedo un film con la nuova tecnologia tridimensionale. Vorrei fare un discorso linguistico, ma non ne ho il tempo per svilupparlo né per scriverne un'analisi decente. Vi lascio lo spunto:

in un film tridimensionale, è lecito al regista decidere cosa è a fuoco e cosa no, o è necessario che lasci profondità di campo, permettendo allo spettatore la libertà di mettere a fuoco gli oggetti che preferisce, come normalmente avviene quando si guarda uno spazio tridimensionale?

Lo scrivo perché in Up si sceglie la prima via, e ho trovato l'esperienza (questa, non quella del bellissimo film) sgradevole. Una violenza, un esproprio della mia libertà.

E' chiaro che anche il cinema 2D mi espropria, però essendo un linguaggio codificato non vivo questo esproprio come violenza ma come grammatica. Il cinema 3D non è ancora codificato; nei codici di linguaggio da definire il fuoco (che è un retaggio 2D) dovrà avere spazio?